The call of the wild - Il richiamo della foresta

3 LUGLIO 2016 - VIA ALPINA - AURONZO DI CADORE

Ho appena finito di rileggere questo fantastico libro di Jack London, “The call of the wild”, o , in Italiano, “Il richiamo della foresta”. Mi fa sempre di più innamorare di Buck e della sua storia. Un libro scritto volutamente con uno “stile” antico e pieno di morale. Libertà e sopravvivenza, seguendo la legge del più forte. Ma più di tutto racchiude tra le sue pagine quella sensazione di richiamo verso il selvaggio, verso qualcosa di apparentemente sconosciuto, ma che ascoltando l’animo, ricorda qualcosa di già vissuto. Un sentimento antico, puro e forte. Un collegamento con la foresta e la natura stessa.

Durante le mie lunghe giornate di cammino, mi capita di soffermarmi all’interno di una foresta in modo da coglierne a pieno l’essenza e lo spirito. Cosi dal nulla e senza preavviso fermo il ritmo dei miei passi e in silenzio ammiro ciò che mi circonda. Di primo acchito mi sorprendo del silenzio che si cela tra gli alberi. La mente si sgombra dei pensieri che pervadono il mio animo di camminatore. Un silenzio soffice e appagante si impadronisce di me. Una sensazione piacevole rilassa i muscoli del mio corpo, di solito tesi e contratti per i lunghi chilometri percorsi sotto il peso dello zaino. Ad un primo sguardo sembra che gli alberi siano solo intorno a me, un piccolo cerchio verde, ma con il passare dei minuti si allarga sempre di più e la foresta diventa sempre più profonda e grande. Il soffice silenzio si trasforma in un silenzio cupo, misterioso, un silenzio che nasconde dei segreti. Piano piano mi rendo conto di cosa si tratta; una moltitudine di rumori si celano al suo interno. Riesco ora a percepire la voce degli alberi, il fruscio creato dal vento e le loro fronde. I leggeri movimenti degli abitanti delle foreste. Uccelli, scoiattoli, predatori, bruchi e farfalle. Questi rumori sono attenuati da un velo di muschio verde che ricoprendo quasi la totalità della foresta crea il senso del tempo, il senso degli anni trascorsi. Mi accorgo di trovarmi in un luogo antico, un luogo che ha vissuto più a lungo di quanto la mia mente possa immaginare, un luogo che ha sofferto il freddo degli inverni e amato le giornate di sole. Migliaia di colori diversi si scoprono ai miei occhi, uno dopo l’altro, intensi e allo stesso tempo vellutati, spenti e caldi in ugual misura. Abbasso lo sguardo dinnanzi a me e focalizzo la mia attenzione sul tracciato battuto che procede tra gli alberi. Una parte di me è già pronta e volta a seguirlo ma qualcosa mi trattiene. Mi guardo attorno in cerca di risposte e provo a lasciarmi andare, a seguire il mio istinto. C’è qualcosa, al di fuori del tracciato, che mi chiama. Il richiamo della foresta, il richiamo di ciò che essa cela. Perché devo seguire il sentiero ? Slaccio i tiranti dello zaino, lo sfilo e lo appoggio al suolo muovendo i primi passi tra gli alberi, lasciando il sentiero alle mie spalle. Mi addentro nella foresta preso da un senso di curiosità. Senza accorgermene mi muovo piano, attento a non fare rumore, come se non volessi disturbare il silenzio che mi circonda. Intravedo ora nuove figure, nuovi alberi e nuovi esseri che stando sul sentieri non avrei mai avuto modo di scoprire. Inconsciamente vado avanti, mosso da quel sentimento di curiosità e scoperta dell’ignoto che pervade la mia anima. Ricordi antichi di tempi lontani riaffiorano tra i miei pensieri, tempi in cui il mondo era quasi interamente ricoperto dalle foreste e l’ uomo era un tutt’uno con esse. Chissà se in tempi remoti un altro essere umano, armato di lancia o di frecce, stava qui immobile a scrutare il silenzio della foresta, appoggiandosi a questo stesso albero che in questo momento si trova innanzi a me. 

Sono convinto che ogni tanto faccia bene abbandonare il “sentiero”; chi ci dice che questo è il modo più sicuro di andare avanti ? Andare alla scoperta di qualcosa di non ancora conosciuto, ci può aiutare a capire chi siamo realmente.